Nel libro “La società della trasparenza” (2012; trad. it. 2014), il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han muove ancora una volta dalla metafora focaultiana del Panopticon per sviluppare il concetto di panottico digitale. Secondo Han i mezzi elettronici — dai social network agli strumenti di Google (Earth, Maps, Glass e Street View) a YouTube — rendono possibile una nuova e totale visibilità, a cominciare dalla sfera privata di ogni persona.
L’iperconnessa Corea del Sud è in testa alla classifica mondiale delle nazioni con maggior velocità di navigazione e rappresenta il laboratorio più audace della società della trasparenza, una società diventata una sorta di “Terrasanta” dell’homo digitalis, il cui telefono cellulare costituisce un'estensione della mano attraverso la quale “esplora” il mondo.
Il controllo panottico della società disciplinare si basava sulla prospettiva lineare dell’osservazione a partire da una torre centrale. I detenuti non potevano vedersi tra loro, né erano di grado di scorgere il vigilante, e avrebbero preferito non essere sorvegliati per avere un po' di libertà. Il panottico digitale, invece, perde il suo carattere prospettico: nel modello cibernetico tutti vedono tutti e tutti si espongono per essere visti. Il punto di controllo unico dello sguardo analogico scompare: ora si osserva da tutte le angolazioni. Ma la sorveglianza continua, seppur con altre modalità, e risulterebbe ancor più efficace. Si crea una vigilanza reciproca, perché ogni persona dà alle altre la possibilità di guardare all’interno della propria intimità. Tale visione, secondo quanto scrive il filosofo, svilisce la società della trasparenza fino a trasformarla in una società del controllo, dove tutti sorvegliano tutti.
[...] Il saggio “La società della trasparenza” si conclude con la considerazione che il mondo si sviluppa come un grande panottico, privo di qualsiasi muro di separazione tra la dimensione interiore e quella esteriore.